In un'intervista al Wall Street Journal, Robert Shiller parla di significativi rischi di doppia recessione per l'economia americana:
16 giugno 2011
14 giugno 2011
Grecia (e non solo): between a rock and a hard place
The Economist di un paio di settimane fa pubblicava un'utile tabellina (in basso, click per ingrandire) in cui si riassumevano i principali scenari che i policymakers europei fronteggiano sul caso greco. Si va dai trasferimenti da parte dei Paesi più solidi, potenzialmente risolutivi ma improponibili sul piano politico e negativi su quello del moral hazard, alla ristrutturazione bella e buona, osteggiata dalla BCE e dai costi sicuramente elevati per tutti. Ovviamente ci sono diverse opzioni intermedie.
Lo scorrere del tempo non ha sostanzialmente modificato i termini del problema, anzi, ha reso più improbabili le opzioni "soft" della parte alta della tabella, e meno remoto il rischio che al termine dell'horse trading in corso ci si ritrovi solo con l'ultimo, doloroso scenario, tra l'altro sicuramente foriero di potenti perturbazioni creditizie e finanziarie su scala planetaria. Tra l'altro, l'impressione è che si parli di Grecia, ma il vero protagonista di queste trattative sia il debito e la situazione economica degli altri paesi in terapia intensiva, come l'Irlanda e il Portogallo, con un occhio ancora più preoccupato ai veri ciclopi della situazione, ossia Spagna e Italia.
Nel frattempo, i rendimenti sul debito greco a due anni hanno superato il 25%, quelli sui titoli decennali il 17%, e S&P ha ribassato i titoli del governo di Atene al livello CCC, solo un gradino al di sopra del livello D (default), e si ritrovano oggi con il rating più basso al mondo. Difficile definire questa situazione con termini diversi da quelli di un default solo in procinto di essere riconosciuto da tutti.
Nell'anno passato, i depositi bancari in Grecia sono scesi di circa il 20%, e poichè le banche greche sono ormai incapaci di prendere in prestito attraverso il mercato repo, esse registrano un fabbisogno di circa 135 miliardi di euro (prontamente offerti dalla BCE), cioè quasi i 2/3 del totale dei depositi. Anche qui, se non la si chiama crisi bancaria o corsa agli sportelli è solo per amore degli eufemismi.
Una ristrutturazione coraggiosa del debito fatta un anno fa avrebbe comportato un haircut sui titoli greci molto meno drastico di quello che con ogni probabilità si osserverà alla fine del processo. Nel frattempo, l'economia reale del paese è in picchiata, produzione industriale (v. drammatico grafico in basso), conti con l'estero, occupazione e introiti del turismo spingono a pensare che l'attività economica non sorprenderà al rialzo, come forse i sostenitori dell'approccio muddle through (addà passà a nuttata) si aspettavano un anno fa.
Possiamo senz'altro perdonare un'imprecisione agli analisti dell'Economist, che hanno dato il titolo alla tabella pensando alla mitologia greca, ma non si sono ricordati che Scilla e Cariddi in realtà si trovano in Italia.
Oppure lo hanno fatto apposta?
Lo scorrere del tempo non ha sostanzialmente modificato i termini del problema, anzi, ha reso più improbabili le opzioni "soft" della parte alta della tabella, e meno remoto il rischio che al termine dell'horse trading in corso ci si ritrovi solo con l'ultimo, doloroso scenario, tra l'altro sicuramente foriero di potenti perturbazioni creditizie e finanziarie su scala planetaria. Tra l'altro, l'impressione è che si parli di Grecia, ma il vero protagonista di queste trattative sia il debito e la situazione economica degli altri paesi in terapia intensiva, come l'Irlanda e il Portogallo, con un occhio ancora più preoccupato ai veri ciclopi della situazione, ossia Spagna e Italia.
Nel frattempo, i rendimenti sul debito greco a due anni hanno superato il 25%, quelli sui titoli decennali il 17%, e S&P ha ribassato i titoli del governo di Atene al livello CCC, solo un gradino al di sopra del livello D (default), e si ritrovano oggi con il rating più basso al mondo. Difficile definire questa situazione con termini diversi da quelli di un default solo in procinto di essere riconosciuto da tutti.
Nell'anno passato, i depositi bancari in Grecia sono scesi di circa il 20%, e poichè le banche greche sono ormai incapaci di prendere in prestito attraverso il mercato repo, esse registrano un fabbisogno di circa 135 miliardi di euro (prontamente offerti dalla BCE), cioè quasi i 2/3 del totale dei depositi. Anche qui, se non la si chiama crisi bancaria o corsa agli sportelli è solo per amore degli eufemismi.
Una ristrutturazione coraggiosa del debito fatta un anno fa avrebbe comportato un haircut sui titoli greci molto meno drastico di quello che con ogni probabilità si osserverà alla fine del processo. Nel frattempo, l'economia reale del paese è in picchiata, produzione industriale (v. drammatico grafico in basso), conti con l'estero, occupazione e introiti del turismo spingono a pensare che l'attività economica non sorprenderà al rialzo, come forse i sostenitori dell'approccio muddle through (addà passà a nuttata) si aspettavano un anno fa.
Possiamo senz'altro perdonare un'imprecisione agli analisti dell'Economist, che hanno dato il titolo alla tabella pensando alla mitologia greca, ma non si sono ricordati che Scilla e Cariddi in realtà si trovano in Italia.
Oppure lo hanno fatto apposta?
10 giugno 2011
Pinocchio, il gatto e la volpe
Da Reuters di questa mattina:
"(*) UNICREDIT - I requisiti per la determinazione delle banche di interesse sistemico (Sifi) saranno pronti definitivamente per l'autunno e solo allora UniCredit farà le sue valutazioni sull'eventuale necessità di un aumento di capitale. Lo ha ribadito il presidente Dieter Rampl".
Non è evidente a tutti che Unicredit abbia bisogno di un aumento di capitale. Da questo blog più volte abbiamo detto che, in linea con l'evidenza prodotta anche da analisi pubbliche e private, l'intero sistema bancario italiano è sottocapitalizzato, e che continua ad esserlo anche dopo i recenti aumenti di capitale di alcune banche.
Il presidente del primo gruppo bancario italiano, uno dei due italiani (l'altro è Intesa-SanPaolo) che la Banca dei Regolamenti Internazionali, la BCE e tutti gli altri organismi internazionali di regolamentazione definiscono da anni di rilevanza sistemica, dice di dover aspettare l'autunno per sapere se effettivamente la sua banca è di interesse sistemico, e soprattutto ha davvero bisogno di ricapitalizzarsi.
Il titolo Unicredit negli ultimi sei mesi ha perso circa il 14% e oggi vale 1.49 euro, meno di un quarto rispetto ai 6.42 euro di quattro anni fa.
Gli investitori sembrano avere idee molto più chiare di quelle di Rampl.
"(*) UNICREDIT - I requisiti per la determinazione delle banche di interesse sistemico (Sifi) saranno pronti definitivamente per l'autunno e solo allora UniCredit farà le sue valutazioni sull'eventuale necessità di un aumento di capitale. Lo ha ribadito il presidente Dieter Rampl".
Non è evidente a tutti che Unicredit abbia bisogno di un aumento di capitale. Da questo blog più volte abbiamo detto che, in linea con l'evidenza prodotta anche da analisi pubbliche e private, l'intero sistema bancario italiano è sottocapitalizzato, e che continua ad esserlo anche dopo i recenti aumenti di capitale di alcune banche.
Il presidente del primo gruppo bancario italiano, uno dei due italiani (l'altro è Intesa-SanPaolo) che la Banca dei Regolamenti Internazionali, la BCE e tutti gli altri organismi internazionali di regolamentazione definiscono da anni di rilevanza sistemica, dice di dover aspettare l'autunno per sapere se effettivamente la sua banca è di interesse sistemico, e soprattutto ha davvero bisogno di ricapitalizzarsi.
Il titolo Unicredit negli ultimi sei mesi ha perso circa il 14% e oggi vale 1.49 euro, meno di un quarto rispetto ai 6.42 euro di quattro anni fa.
Gli investitori sembrano avere idee molto più chiare di quelle di Rampl.
6 giugno 2011
Ripresa economica: hard facts from Lucas
Dopo una pausa dovuta a impegni di lavoro e frequenti viaggi all'estero, torno alla carica con un suggerimento di lettura.
Come hanno mostrato i dati diffusi nelle ultime settimane, la congiuntura americana mostra segni di preoccupante debolezza. Una vera ripresa delle economie dei paesi occidentali (Italia a parte, perchè soffre di problematiche strutturali più complesse) ci sarà solo quando si assisterà a una significativa inversione nella spesa per investimenti da parte delle imprese e in consumi da parte di individui e famiglie, chiaramente di là da venire.
Robert Lucas, premio Nobel per l'economia e grande innovatore in molteplici aree, dalla macroeconomia alla crescita, ha riassunto in una sua recente lezione il proprio pensiero sulla crisi 2007-201? (proprio così...) e i paralleli con la crisi dei primi anni '30 del secolo scorso. Imperdibile compendio di spunti, lo trovate sintetizzato nei lucidi della lezione.
Come hanno mostrato i dati diffusi nelle ultime settimane, la congiuntura americana mostra segni di preoccupante debolezza. Una vera ripresa delle economie dei paesi occidentali (Italia a parte, perchè soffre di problematiche strutturali più complesse) ci sarà solo quando si assisterà a una significativa inversione nella spesa per investimenti da parte delle imprese e in consumi da parte di individui e famiglie, chiaramente di là da venire.
Robert Lucas, premio Nobel per l'economia e grande innovatore in molteplici aree, dalla macroeconomia alla crescita, ha riassunto in una sua recente lezione il proprio pensiero sulla crisi 2007-201? (proprio così...) e i paralleli con la crisi dei primi anni '30 del secolo scorso. Imperdibile compendio di spunti, lo trovate sintetizzato nei lucidi della lezione.
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