7 settembre 2012

QE-dipendenza

Un grafico come quello in basso (estratto dal Wall Street Journal di oggi, click per ingrandire) chiarisce bene la contraddizione nella quale si trova oggi la politica monetaria, sia negli USA che nella zona dell'euro. 

Le manovre straordinarie o non convenzionali delle banche centrali sulle due sponde dell'Atlantico sono state tra le forze più determinanti (forse la più determinante) delle fasi di crescita delle quotazioni azionarie post-Lehman. E' un effetto esplicitamente voluto, nella convinzione che prezzi degli asset in crescita avrebbero comunicato, tramite effetti ricchezza e di maggiore liquidità collaterale, una spinta espansiva all'intera economia.

E' molto controverso che tale spinta si sia effettivamente materializzata. Per un'interessante e recentissima analisi basta leggere il bel lavoro presentato da M. Woodford al simposio di Jackson Hole. Molto meno controverso è invece l'innegabile "impatto sostenitivo" della politica monetaria nei confronti degli asset, in particolare del mercato azionario. In pratica, i movimenti a breve e medio termine delle quotazioni dipendono, oggi in misura storicamente inusitata, da quanto il mercato si aspetta facciano le banche centrali. Anzi, il rischio che la politica monetaria torni ad un più normale atteggiamento "neutrale" rispetto al livello delle valutazioni azionarie fa spesso agitare i mercati.

Si tratta evidentemente di una situazione insostenibile. Le quotazioni azionarie sono una funzione del processo di valutazione dei cashflow delle imprese quotate, che solo in minima parte in tempi normali dipendono dalle politiche monetarie. Certo, in circostanze eccezionali, la capacità delle banche centrali di mantenere in vita un funzionamento regolare dei mercati monetari e creditizi può evitare eccessive turbolenze alle quotazioni azionarie. Ma le circostanze eccezionali sono, appunto, eccezionali, e non possono durare per interi cicli economici. Soprattutto se nel frattempo le misure convenzionali di politica monetaria, come il livello reale dei tassi di interesse di riferimento, indicano una stance comunque iper-espansiva.

Ci sono evidenti limiti agli effetti espansivi che è ragionevole attendersi dalle decisioni di politica monetaria.Tutto il resto può rivelarsi velleitario, forse pericoloso.

Nessun commento:

Posta un commento