13 gennaio 2011

What Have We Learned?

Una delle migliori descrizioni che gli ultimi anni ci abbiano regalato delle crisi finanziarie è senza dubbio This Time Is Different: Eight Centuries of Financial Folly, di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff (Princeton, 2008, disponibile anche in italiano per i tipi de Il Saggiatore, 2010).

Si tratta della più completa (a oggi) ricostruzione analitica e di lungo respiro delle crisi debitorie, bancarie e finanziarie in generale, ed è stata a ragione talmente celebrata che è superfluo aggiungere il nostro plauso a quello di tanti altri.

Tuttavia, proprio nell'ottica di non fare mai venir meno un sano livello di senso critico, ci sembra opportuno far notare una curiosa leggerezza nell'analisi dei due autorevoli economisti americani. 

Nel capitolo 17 (Warnings, Policy and Human Foibles) della parte VI, What Have We Learned?, Reinhart e Rogoff stabiliscono quello che a noi appare un controverso "esame di licenza" per paesi, affermando che si può rintracciare un club di nazioni che, dopo un lungo periodo caratterizzato da ricorrenti default e
crisi bancarie, lentamente emergono dalla precarietà e acquisiscono lo status di economie avanzate.

Gli autori sono molto cauti e aggiungono diverse qualificazioni ai criteri semi-automatici scelti per definire se un paese ha le carte in regola per superare l'esame di licenza. E correttamente aggiungono che si tratta di valutazioni comunque approssimative.

Il problema però spunta macroscopico quando uno legge a pag. 287 la lista dei paesi che a loro parere possiedono le potenzialità maggiori di superare l'esame e raggiungere paesi leaders come Germania, Svizzera, USA, ecc.: Cile, Cina, Grecia, Korea e Portogallo.

Niente male. Su Korea e Cile si potrebbe quasi essere d'accordo. Sulla Cina, esistono valutazioni molto discordanti sul reale ammontare del debito pubblico e sulla qualità dell'infrastruttura finanziaria del paese; buone ragioni per sospendere il giudizio e attendere qualche osservazione in più prima di sbilanciarsi.

Su Grecia e Portogallo, invece, la realtà contraddice drammaticamente le previsioni dei non tanto ottimisti (per tutto il resto) Reinhart e Rogoff.

La Grecia veleggia sicura verso il 150% per quanto concerne il rapporto debito pubblico/PIL; è da quasi un anno isolata finanziariamente dai mercati finanziari; il sistema bancario del paese respira in maniera assistita grazie al salvataggio congiunto EU-IMF-ECB dello scorso anno. E lo stesso Rogoff solo pochi giorni fa sul Financial Times ammetteva che la Grecia sarà probabilmente costretta a una sostanziosa ristrutturazione del proprio debito.

Quanto al Portogallo, sebbene la sua situazione debitoria non sia esplosiva quanto quella greca, i mercati danno ormai per scontato che il paese debba accedere all'EFSF, il veicolo europeo di salvataggio dei debiti sovrani.

Proprio gli studi di lungo termine di Reinhart e Rogoff, insieme a quelle di tanti altri, hanno rafforzato l'idea che metodologicamente, oltre che logicamente, è di gran lunga preferibile un'analisi quantitativa approssimativa ma corretta a una precisa ma errata.

Questo sano principio vale proprio per tutti.

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