Ci sono diversi spunti di riflessione, naturalmente. Per chi, come me, è interessato soprattutto a capire cosa potrebbe accadere nei prossimi cinque-dieci anni, l'elemento più appariscente è che i prezzi sono rimasti al di sopra della pur ottimistica linea esponenziale praticamente per gli ultimi due decenni. Le correzioni 2000-2002 e 2007-2009 sono estremamente vistose, ma al contrario di quanto accadde, per esempio, con altri episodi celebri di ripensamento della precedente "euforia", ossia gli anni '30-'40 e il periodo successivo alla seconda metà degli anni '60, è dall'inizio degli anni '90 che il mercato vede sì qualche correzione significativa, ma mai prolungata e sufficientemente potente da spingere le valutazioni sotto il trend di crescita di lungo termine.
Un contesto macroeconomico di bassa inflazione spiega una parte non secondaria di questi fatti. Tuttavia, l'impressione è che in effetti a partire dai primi anni '90 qualcosa di ancora più strutturale sia capitato al sistema economico USA.
Un'ipotesi che mi sembra abbia sempre più elementi di validità è che il cambiamento più significativo risieda nelle politiche monetarie.
La Fed (attraverso Greenspan prima e Bernanke poi) ha sempre sostenuto che non è ottimale che la banca centrale intervenga con politiche restrittive per scongiurare il formarsi di bolle o prolungate tendenze rialziste nei prezzi degli assets.
Al tempo stesso, la Fed è da molto tempo impegnata in varie attività di sostegno alle valutazioni azionarie, e non solo nei tempi di crisi che stiamo vivendo o che abbiamo vissuto nei passati venti anni. Il chairman Bernanke ha perfino motivato esplicitamente il nuovo giro di quantitative easing con l'esigenza di sostenere le quotazioni azionarie e con ciò, attraverso effetti ricchezza e collaterale, stimolare ulteriormente la ripresa.
L'effetto di questa asimmetria (la Fed non punirà mai quotazioni euforiche, ma aiuterà consistentemente mercati tendenti alla stagnazione) è davvero molto evidente nelle letture di lungo termine, come quella offerta da questo grafico.
Le domande più pungenti, per il ricercatore come per l'uomo della strada/risparmiatore, allora sono due:
- che livello di crescita e stabilità macroeconomica garantisce nel lungo termine questa prassi?
- è sostenibile?
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