Nel grafico in basso (click per ingrandire) si mostra l'andamento delle entrate fiscali e della spesa dell'Italia dal 1980 a oggi. Le serie sono aggiustate per il ciclo e definite in percentuale del PIL potenziale secondo lo standard ESA 1995.
La spesa ha evidenziato una promettente riduzione dal 55% circa superato nel 1993 al 46% del 2000, per poi avviarsi su un lento ma inesorabile riavvicinamento a quota 50%, da cui non si è significativamente allontanata neanche con le manovre "lacrime e sangue" degli ultimi due anni.
Per le tasse invece si può parlare di un'ininterrotta ascesa, con un gradiente particolarmente esuberante proprio negli ultimi due anni. In altri termini, se il deficit verrà di fatto azzerato nel giro di un paio d'anni (a meno che il paziente non muoia prima), sarà essenzialmente perchè le entrate fiscali avranno finalmente raggiunto una spesa che si ostina a non scendere. Il problema è quindi, più che in altri paesi, legato all'inelasticità della spesa. Che però dovrà scendere comunque a medio termine.
Basta un grafico semplice come questo a chiarire pure che il nostro paese ha perso tante occasioni per affrontare su base duratura il problema di deficit e debito di cui si discute da tanto. Complesso, ma non impossibile da risolvere, nei momenti di ciclo favorevole. Virtualmente destinato all'autolesionismo macroeconomico se provato nella recessione più critica del secondo dopoguerra.
Si può comprare tempo grazie alla sagace collaborazione delle manovre straordinarie della BCE e alle distrazioni geopolitiche dei mercati. Si può anche cercare di sconfiggere la forza di gravità con mirabolanti annunci di fine della crisi o di stabilizzazione del deficit. Ma in assenza di crescita reale veramente robusta (diciamo intorno al 3%) o di una riduzione sostanziosa della spesa (almeno 5 punti di PIL), restano tutti espedienti demagogici. E come tali lesti a mostrare le corde al primo ritorno di realismo sui mercati.
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