Impossibile, ma anche superfluo, tornare con un post riassuntivo. Tuttavia, qualche istantanea che guardi alle prospettive dei prossimi mesi possiamo senz'altro scattarla, rinviando al torrenziale flusso di post dei prossimi giorni per analisi più dettagliate:
- Europa e Giappone continueranno a fare fatica. La prima continua ad essere vittima degli effetti recessivi delle politiche di austerità e del clima di incertezza. Gli USA continueranno a viaggiare su una crescita di circa il 2% su base annua, da rivedere al ribasso in caso di ulteriori turbolenze finanziarie dall’Europa. Asia e Cina in decelerazione.
- Dato lo slack pervasivo nelle economie avanzate, non dovrebbero materializzarsi rischi concreti di inflazione a breve. Piuttosto, si intravvedono esuberanze sui prezzi di alcuni asset (azioni incluse). Anche per questa ragione, i programmi di espansione della liquidità potrebbero essere interrotti entro la fine dell’anno negli USA e in Giappone; meno probabilmente in Europa, dove invece le OMT potrebbero vedere la luce per Spagna e Italia. Abbastanza improbabili movimenti dei policy rates.
- In aumento il rischio di contrazione dei corsi obbligazionari rispetto ai livelli correnti, specialmente per i governativi, anche per effetto della progressiva, inevitabile riduzione dei programmi di acquisto di titoli di stato da parte di Fed e BoJ. Eventuali turbolenze sul segmento sovrano in Europa possono accelerare la tendenza.
- La stagnazione/depressione del ciclo economico europeo continua a trovare nell'Italia il suo caso più acuto. Con una situazione politica altamente incerta e fondamentali così negativi, non si vede come si possano mantenere posizioni lunghe su azionario e obbligazionario del nostro Paese...
- Azionario USA: i profitti USA sono già ai massimi degli ultimi anni, per cui i dividendi e i corsi futuri hanno spazi molto limitati di crescita. Qualche margine in più per l’azionario dei paesi emergenti, in ripresa soprattutto quello legato alla Cina.
- Imbarazzante la povertà progettuale delle autorità europee nel caso di Cipro. Non solo si è dato il via a una catena di eventi che potrebbe innescare una fuga di capitali e verso gli sportelli bancomat dell'area euro; non solo si è scelto di trattare indifferentemente depositanti piccoli e grandi alla stregua di criminali o di pecore da tosare; non solo ci si è mossi con mosse lente, parziali e prevedibili, quindi facilmente aggirabili dagli investitori più sofisticati. La cosa più grave è che si fa ulteriormente precipitare il paese nel caos economico e sociale, senza risolvere minimamente il suo problema di debito e di crescita, che è di dimensioni molto maggiori del bail-out delineato (segnalo in proposito il bell'articolo di Charles Wyplosz di oggi)
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