In un suo recente intervento, Raghuram Rajan, uno dei più rispettati economisti di questi anni, sostiene che ci sono sostanzialmente tre ragioni per cui la stragrande maggioranza degli economisti non è stata in grado di avvertire compiutamente il rischio della grande crisi:
- specializzazione
- la difficoltà nel formulare previsioni
- il distacco della maggior parte degli economisti dalla realtà
Basta scorrere alcune tra le riviste economiche più importanti, da Econometrica, Journal of Economic Theory e Games and Economic Behaviour in giù, per scoprire che la nostra professione spesso sembra vivere non su un altro pianeta, ma letteralmente in un'altra dimensione spazio-temporale, totalmente irrilevante rispetto alla nostra sfida di comprendere meglio il mondo in cui viviamo.
Problema individuato, problema risolto? Tutt’altro. Gli editorial boards delle riviste internazionali, da sempre al centro di mille altre distorsioni, sono ancora infarcite di personaggi la cui percezione di questi problemi è minima se non nulla. Ancora oggi, per effetto di publication lags inconcepibili per chi predica l’efficienza anche quando si tratta di rasare l’erba del prato, sono in uscita tanti articoli che ignorano incredibilmente la frustata che la crisi ha inferto alla teoria e alle metodologie economiche.
La presa di coscienza della irrilevanza di certe analisi è solo agli inizi, e la sua portata parecchio incerta. Tuttavia, se essa non viene portata fino alle sue logiche conseguenze anche nei meccanismi accademici, il rischio è che la credibilità e l’incidenza della scienza economica in termini di policy facciano ulteriori passi indietro.
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