14 giugno 2011

Grecia (e non solo): between a rock and a hard place

The Economist di un paio di settimane fa pubblicava un'utile tabellina (in basso, click per ingrandire) in cui si riassumevano i principali scenari che i policymakers europei fronteggiano sul caso greco. Si va dai trasferimenti da parte dei Paesi più solidi, potenzialmente risolutivi ma improponibili sul piano politico e negativi su quello del moral hazard, alla ristrutturazione bella e buona, osteggiata dalla BCE e dai costi sicuramente elevati per tutti. Ovviamente ci sono diverse opzioni intermedie.


Lo scorrere del tempo non ha sostanzialmente modificato i termini del problema, anzi, ha reso più improbabili le opzioni "soft" della parte alta della tabella, e meno remoto il rischio che al termine dell'horse trading in corso ci si ritrovi solo con l'ultimo, doloroso scenario, tra l'altro sicuramente foriero di potenti perturbazioni creditizie e finanziarie su scala planetaria. Tra l'altro, l'impressione è che si parli di Grecia, ma il vero protagonista di queste trattative sia il debito e la situazione economica degli altri paesi in terapia intensiva, come l'Irlanda e il Portogallo, con un occhio ancora più preoccupato ai veri ciclopi della situazione, ossia Spagna e Italia.

Nel frattempo, i rendimenti sul debito greco a due anni hanno superato il 25%, quelli sui titoli decennali il 17%, e S&P ha ribassato i titoli del governo di Atene al livello CCC, solo un gradino al di sopra del livello D (default), e si ritrovano oggi con il rating più basso al mondo. Difficile definire questa situazione con termini diversi da quelli di un default solo in procinto di essere riconosciuto da tutti.

Nell'anno passato, i depositi bancari in Grecia sono scesi di circa il 20%, e poichè le banche greche sono ormai incapaci di prendere in prestito attraverso il mercato repo, esse registrano un fabbisogno di circa 135 miliardi di euro (prontamente offerti dalla BCE), cioè quasi i 2/3 del totale dei depositi. Anche qui, se non la si chiama crisi bancaria o corsa agli sportelli è solo per amore degli eufemismi.

Una ristrutturazione coraggiosa del debito fatta un anno fa avrebbe comportato un haircut sui titoli greci molto meno drastico di quello che con ogni probabilità si osserverà alla fine del processo. Nel frattempo, l'economia reale del paese è in picchiata, produzione industriale (v. drammatico grafico in basso), conti con l'estero, occupazione e introiti del turismo spingono a pensare che l'attività economica non sorprenderà al rialzo, come forse i sostenitori dell'approccio muddle through (addà passà a nuttata) si aspettavano un anno fa.


Possiamo senz'altro perdonare un'imprecisione agli analisti dell'Economist, che hanno dato il titolo alla tabella pensando alla mitologia greca, ma non si sono ricordati che Scilla e Cariddi in realtà si trovano in Italia.
Oppure lo hanno fatto apposta?

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