29 dicembre 2011

2011, un rodeo. 2012?

Suggestiva sintesi grafica del Wall Street Journal sull'anno che si sta chiudendo sui mercati azionari (click per ingrandire).

27 dicembre 2011

LTRO, avevamo ragione

A conferma dei dubbi avanzati nello scorso post a proposito dell'efficacia della recente LTRO della BCE, la banca oggi ha diffuso i dati relativi ai depositi delle banche commerciali presso la stessa BCE.

Come si vede dal grafico in basso (click per ingrandire), il meccanismo di deposito ad hoc tra la fine della scorsa settimana e oggi si è gonfiato a dismisura, fino a toccare il record storico di 412 miliardi di euro. In pratica, le banche hanno depositato presso la BCE quasi tutta la liquidità extra conseguita dalla BCE stessa nella LTRO.

Con buona pace, almeno per il momento, delle illusorie speranze (non nostre) di impiego immediato di quella liquidità per acquistare titoli di stato o per iniezioni di prestiti a imprese e famiglie.


21 dicembre 2011

Il senso vero della LTRO

Questa mattina la Banca Centrale Europea ha condotto una speciale operazione di rifinanziamento a lungo termine degli istituti di credito (Long Term Refinancing Operation). La Banca ha assegnato 489 miliardi di euro in prestiti a tre anni, significativamente di più di quanto atteso (293 miliardi) alla vigilia di questa agognata operazione.

I media, soprattutto i quotidiani non finanziari, hanno immediatamente brindato al successo dell'operazione, in molti casi sottolineando che il suo successo quantitativo è un'ottima notizia, perchè evidenzierebbe una forte disponibilità delle banche a sfruttare l'accesso agevolato a tale liquidità per acquistare titoli di stato dell'area euro e quindi alleviare i noti problemi di rifinanziamento degli Stati.

In realtà, non sembra che le banche europee muoiano davvero dalla voglia di indebitarsi ulteriormente, sebbene a tassi di favore, per imbottirsi ancora di titoli periferici del debito sovrano. L'appetito per i fondi della BCE è probabilmente solo un sintomo della cronica carenza di raccolta di cui le banche soffrono ormai da mesi.

In effetti, i mercati potrebbero ignorare gli strombazzanti e superficiali titoli di alcuni giornali, anche perchè le quotazioni azionarie avevano già ieri anticipato al rialzo l'operazione. E infatti i mercati azionari, dopo qualche effervescenza iniziale, sembrano già ripiegare verso livelli molto modesti di guadagno, e lo spread BTP-Bund è addirittura in sostenuto rialzo rispetto a ieri a 490 basis points. Il calo dello spread registrato ieri potrebbe essere stato l'effetto di acquisti preventivi straordinari di titoli da parte delle banche al fine di impiegarli come collaterale nella LTRO di oggi.

D'altro canto, mercati al rialzo proprio nel giorno in cui l'ISTAT certifica che il PIL italiano è sceso già nel terzo trimestre e che se miracolosamente (e incredibilmente) non ci fosse un dato negativo per il quarto trimestre la crescita per l'anno si collocherebbe allo 0.5% (al di sotto del livello coerente con il pareggio di bilancio al 2013), sarebbero davvero schizofrenici...

13 dicembre 2011

Here we go again

Niente, i mercati proprio non ne vogliono sapere.

Ma come, abbiamo risolto il problema della governance macroeconomica in Europa, anche se con il dissenso di quegli inguaribili isolazionisti dei Britannici, e invece gli spread continuano a non scendere, le borse ad accumulare insoddisfazioni, i cambi restano nervosi.

La ragione è semplice. Lungi dal ritenere che i mercati siano sempre nel giusto, specialmente nel breve, crediamo però che avversione al rischio e investitori non si fidino di soluzioni compromissorie e situazioni poco chiare.

L'accordo sull'armonizzazione delle politiche fiscali in Europa è, appunto, un patto fiscale, non un'unione fiscale. Quest'ultima presuppone lo sviluppo di un armonioso sistema di esazione fiscale (tasse comuni in termini sia di aliquote che di capacità di riscossione) e di un mercato unico dei titoli di stato, mentre quanto approvato è un generico, nebuloso e tutt'altro che legalmente fattibile compromesso per una concertazione a livello europeo delle strategie di bilancio degli stati membri. Che esisteva già, ma non ha evidentemente funzionato, principalmente perchè mancava di credibilità. Ragione per la quale ci ritroviamo con alcuni stati nazionali illiquidi o sostanzialmente insolventi (Italia tra questi), altri che rischiano di diventarlo a breve (Belgio, Francia, Austria) e altri ancora impauriti dal rischio di dover pagare il conto (Germania, Finlandia, Olanda).

Tuttavia, la ragione vera per cui gli investitori continuano a non fidarsi è un'altra. Quand'anche il nuovo Patto fiscale fosse magicamente disegnato e applicato domani mattina nel migliore dei modi, esso costituirebbe soltanto una cura ex post alla mancanza di disciplina fiscale degli scorsi decenni.

Resterebbero fuori le due cause-chiave, molto spesso ricordate in questo blog, della crisi del debito che stiamo vivendo. La prima, la più facile da affrontare (!), riguarda la capitalizzazione delle banche europee e il loro atteggiamento nei confronti del rischio. Con le patrimonializzazioni sottili e la disinvoltura con cui i grandi gruppi bancari continuano a saltare la barriera tra commercial e investment banking, abbiamo anni di fragilità finanziaria ancora da vivere.

Secondo, ma ancora più rilevante, in Europa permangono enormi divari di produttività e competitività tra core e periferia. Questi sono la vera causa della scarsa crescita reale degli ultimi decenni in Italia e altrove, a sua volta a monte delle difficoltà di bilancio pubblico e di bilancia dei pagamenti che preoccupano gli investitori.

Se non emergeranno a breve aggiustamenti istituzionali e riforme strutturali in grado di attenuare rapidamente questi gaps di produttività e competitività, non possiamo sperare di vedere la fine di questa crisi. Manovre e manovrine, tra l'altro tutte più o meno sbilanciate, come l'ultima del governo italiano, sul lato delle entrate e dagli effetti recessivi, non faranno altro che comprare un po' di tempo in attesa della prossima fase parossistica di crisi.

Persino il cosiddetto bazooka, ossia un intervento massiccio della BCE a sostegno incondizionato delle emissioni di titoli degli stati periferici, oltre a dover contemplare una scala sproporzionata per avere un effetto duraturo (forse più di mille miliardi di euro), oltre ad essere politicamente indigesto alla Germania e agli altri paesi "virtuosi", non può che avere un effetto estremamente limitato sugli incentivi e la fattibilità di misure che curino la mancanza di produttività dei paesi periferici.

Come abbiamo già scritto tante volte, l'attendismo e la ricerca delle false soluzioni a questi problemi sta inesorabilmente facendo crescere il costo delle soluzioni più indolori, e incrementa la probabilità di scenari catastrofici. Che ci auguriamo non abbiano luogo, ma...


6 dicembre 2011

Crisi anno quinto

Quattro anni di crisi finanziaria. Anzi, quasi cinque! E se anzichè crisi finanziaria, quella che stiamo vivendo, non fosse altro che il ritorno, magari un po' accelerato, alla normale rischiosità e tempestosità di mercati viziati da eccessiva creazione creditizia e sottoregolazione?

La Fed di St. Louis ha pubblicato un sito-cronogramma della crisi finanziaria. Estremamente istruttivo...


4 dicembre 2011

Ripresa? Quale ripresa?

Diversi governi e parecchi economisti continuano a usare la parola "ripresa" per caratterizzare la fase ciclica che stiamo vivendo. A giudicare dai dati sulla produzione industriale e da quelli di alcuni indicatori anticipatori, sarebbe più appropriato parlare di contrazione. Esempio: l'andamento dei PMI, gli indici degli acquisti delle imprese, un noto leading indicator, punta verso la recessione per tutte le maggiori economie eccetto quella USA, che counque non se la passa tanto bene... (click sul grafico in basso per ingrandire)

1 dicembre 2011

Banche, finanza d'impresa e crisi

Ieri sera Giorgio Gobbi, uno degli economisti bancari di punta della Banca d'Italia, ha tenuto una interessante conferenza nella nostra Facoltà, dal titolo "Quali banche e quale finanza d'impresa dopo la crisi?" (da qui è possibile scaricare le slides).

Tra i tanti riferimenti, molti dei quali non propriamente rassicuranti, sullo stato di salute dell'industria bancario-finanziario italiana, uno dei più preoccupanti riguarda l'attuale dipendenza della raccolta delle banche dal canale BCE. Nel grafico in basso (click per ingrandire) si nota come il rifinanziamento attraverso l'Eurosistema sia diventato nella scorsa estate il canale predominante, mentre il contributo dei depositi è addirittura negativo. Lo stesso Gobbi ha sottolineato più volte come questo stato di cose sia chiaramente insostenibile.