23 novembre 2010

Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur

Sono almeno tre settimane che si parla di salvataggio ("bailout") dell'Irlanda da parte dell'Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale. I dettagli sembrano praticamente tutti definiti, dall'ammontare complessivo (intorno ai 90 miliardi di euro), alla fetta di tale cifra che ricadrebbe sullo European Financial Stability Fund, il veicolo europeo attivato nella scorsa estate per fronteggiare questa situazioni.

Curiosamente però, l'accordo a portata di mano incontra da giorni ostacoli apparentemente incomprensibili. Al punto che il governo irlandese in carica sta disfacendosi, lasciando il Paese in un pauroso vuoto di responsabilità.


La ragione di tutti questi ritardi sembra che stia in una questione molto semplice: in cambio del sostegno finanziario i Paesi EU chiedono dal governo un impegno a risanare rapidamente i conti del Paese, cominciando da un deciso aumento delle entrate fiscali, e in particolare di quelle legate ai redditi societari.

In effetti, il grafico in basso (click per ingrandire) mostra che il 12.5% irlandese è la più bassa tra le aliquote dei Paesi OECD. Questo spiega l'enorme capacità di attrazione di Dublino per gli investimenti esteri, e il fatto che l'Irlanda sia diventata nel corso degli anni '90 e 2000 l'epicentro di una frenetica attività di localizzazioni (più o meno reali) di tante multinazionali.


Tuttavia, qualche dato ulteriore dimostra che le entrate fiscali di Dublino o di qualunque altro Paese dipendono solo in misura marginale dalle imposte sul reddito societario (3.4% del GDP, contro una media dei Paesi OECD del 3.5%; la Germania incassa solo il 2.2%).

Quindi, è del tutto strumentale bloccare le trattative EU-Irlanda, come stanno facendo le autorità europee, su questa questione di principio. Meglio, diversi membri EU stanno sicuramente approfittando delle difficoltà irlandesi per regolare una partita aperta con quel Paese in tema di concorrenza fiscale: se Dublino aumenta il carico fiscale, qualcun altro si vedrà "regalata" una bella fetta di investimenti diretti all'estero (FDI) in uscita.

Mentre Dublino brucia, a qualcuno viene l'acquolina in bocca. Peccato però che a bruciare non sia solo Dublino...

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