La scorsa estate vennero eseguiti nell'area dell'euro gli ormai celebri stress tests sulle maggiori banche commerciali dell'area. I risultati furono largamente positivi, nel senso che la patrimonializzazione e approvvigionamento di liquidità della stragrande maggioranza degli intermediari sottoposti alle prove vennero presentati come di entità sufficiente da mettere le banche al riparo da rischi di instabilità a fronte di nuovi scossoni dei mercati.
Non mancarono dubbi e polemiche. Da parte di alcuni osservatori si sostenne che i tests mancavano di rigore, perchè per esempio finivano con il diluire il peso dei titoli del debito pubblico detenuti nei bilanci bancari, oppure perchè gli scenari simulati di instabilità finanziaria e macroeconomica apparivano un po' ottimistici.
Le quotazioni persistentemente traballanti di alcuni gruppi bancari europei (anche italiani) lasciano pensare che la loro patrimonializzazione venga percepita dai mercati come tutt'altro che solida.
Ci sono due possibilità.
La prima è che quei tests erano pura finzione, laddove, per esempio, non facevano emergere alcuna problematica significativa per nessuna delle maggiori banche irlandesi per le quali oggi si prospetta un altro round di salvataggi disperati.
La seconda è che i mercati finanziari stiano in realtà scommettendo contro la capacità delle banche di attraversare indenni la congiuntura macroeconomica e le riforme dell'assetto regolamentare che le riguarda. Quella scommessa sembra mettere molto sulla difensiva le autorità monetarie europee, che appaiono incapaci di adottare una strategia credibile di uscita dalla crisi del debito in Europa.
In entrambi i casi sarebbe opportuno ripetere, questa volta in maniera severa, i tests, soprattutto con uno sguardo più occhiuto a realtà bancarie di impatto sistemico più rilevante, e alla luce di scenari macroeconomici più realistici.
Probabilmente ne scaturirebbe una realtà molto meno rassicurante di quella emersa la scorsa estate.
Nessun commento:
Posta un commento