5 gennaio 2011

Mercato agli steroidi

L'impressionante grafico qui sotto (click per ingrandire) mostra la crescita reale dei corsi azionari USA dal 1871 ad oggi, accompagnata da una linea di tendenza esponenziale.

Ci sono diversi spunti di riflessione, naturalmente. Per chi, come me, è interessato soprattutto a capire cosa potrebbe accadere nei prossimi cinque-dieci anni, l'elemento più appariscente è che i prezzi sono rimasti al di sopra della pur ottimistica linea esponenziale praticamente per gli ultimi due decenni. Le correzioni 2000-2002 e 2007-2009 sono estremamente vistose, ma al contrario di quanto accadde, per esempio, con altri episodi celebri di ripensamento della precedente "euforia", ossia gli anni '30-'40 e il periodo successivo alla seconda metà degli anni '60, è dall'inizio degli anni '90 che il mercato vede sì qualche correzione significativa, ma mai prolungata e sufficientemente potente da spingere le valutazioni sotto il trend di crescita di lungo termine.



Un contesto macroeconomico di bassa inflazione spiega una parte non secondaria di questi fatti. Tuttavia, l'impressione è che in effetti a partire dai primi anni '90 qualcosa di ancora più strutturale sia capitato al sistema economico USA.

Un'ipotesi che mi sembra abbia sempre più elementi di validità è che il cambiamento più significativo risieda nelle politiche monetarie.

La Fed (attraverso Greenspan prima e Bernanke poi) ha sempre sostenuto che non è ottimale che la banca centrale intervenga con politiche restrittive per scongiurare il formarsi di bolle o prolungate tendenze rialziste nei prezzi degli assets.

Al tempo  stesso, la Fed è da molto tempo impegnata in varie attività di sostegno alle valutazioni azionarie, e non solo nei tempi di crisi che stiamo vivendo o che abbiamo vissuto nei passati venti anni. Il chairman Bernanke ha perfino motivato esplicitamente il nuovo giro di quantitative easing con l'esigenza di sostenere le quotazioni azionarie e con ciò, attraverso effetti ricchezza e collaterale, stimolare ulteriormente la ripresa.

L'effetto di questa asimmetria (la Fed non punirà mai quotazioni euforiche, ma aiuterà consistentemente mercati tendenti alla stagnazione) è davvero molto evidente nelle letture di lungo termine, come quella offerta da questo grafico.

Le domande più pungenti, per il ricercatore come per l'uomo della strada/risparmiatore, allora sono due:
  1. che livello di crescita e stabilità macroeconomica garantisce nel lungo termine questa prassi?
  2. è sostenibile?

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