Molti osservatori sono convinti che la fase espansiva negli USA sia ancora largamente dipendente dalle consistenti misure di stimolo fiscale e monetario intervenute nei mesi scorsi. Sebbene si intravvedano segni di consolidamento della ripresa, anche l'OECD vede un possibile indebolimento della crescita man mano che i provvedimenti espansivi di natura fiscale e il sostegno monetario del QE2 verranno gradualmente meno.
Al di qua dell'Oceano Atlantico la situazione è, se possibile, ancora più complessa e fragile. Il paese dalla dinamica macroeconomica più robusta, cioè la Germania, vive una rigogliosa e invidiabile espansione, che si riverbera anche nei dati dell'occupazione. Questa spinta però dipende moltissimo dalle esportazioni, che potrebbero rallentare per una molteplicità di fattori, non ultimi quelli geopolitici e monetari internazionali.
In quasi tutti gli altri paesi europei, gli effetti restrittivi delle misure di consolidamento fiscale cominciano ad attenuare una già debole ripresa congiunturale, incidendo soprattutto su una dinamica fragilissima dei consumi interni. L'Italia è tra le economie più vulnerabili, come i dati OECD usciti oggi confermano.
Che il ciclo espansivo europeo sia al tempo stesso particolarmente fragile e dipendente dall'assistenza monetaria della BCE lo dimostrano le statistiche rese note oggi dalla stessa BCE e relative al monte dei prestiti bancari erogati dall'Istituto di Francoforte attraverso la sua marginal lending facility.
La BCE afferma che le banche oggi hanno preso in prestito 15.8 miliardi di euro, al tasso punitivo dell'1.75%. La somma è la più alta dal giugno 2009, ossia dalla vigilia della prima e maggiore iniezione di liquidità interbancaria straordinaria operata dall'Istituto centrale.
Aumenti così sorprendenti di solito si verificano in corrispondenza di stress acuti sul mercato interbancario, che però non appaiono oggi di rilevanza significativamente diversa rispetto ai mesi scorsi.
Con ogni probabilità il fenomeno è invece legato alla situazione, persistente ma meno pubblicizzata di qualche mese fa, di isolamento finanziario dei mercati creditizi dei paesi europei a rischio insolvenza.
Difatti, i sistemi bancari di Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia domandano circa il 60% dei fondi dati complessivamente in prestito dalla BCE, mentre la somma del PIL delle quattro economie fa meno del 20% dell'area euro. Le banche di questi paesi continuano ad essere fortemente dipendenti dalla BCE per i loro fabbisogni di liquidità.
Ciò conferma che abili interventi di cosmesi politico-finanziaria possono far passare la nottata, ma presto o tardi il sole risorge, e con esso i nodi non affrontati, a partire da un inevitabile e pieno aggiustamento fiscale e un ritorno alla competitività.
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