1 luglio 2011

Inflazione, questa sconosciuta

L'inflazione italiana è oggi intorno al 2.7% all'anno. Un valore elevato se si considera che la dinamica del prodotto interno lordo è pressocchè anemica. E' utile quindi dare uno sguardo al passato per capire meglio l'evoluzione ultima di un fenomeno relativamente poco dibattuto in tempi recenti.

Il grafico in basso riassume l'andamento dell'inflazione annua italiana dal 1949 al 2010 (click per ingrandire).




In un'ottica di lungo termine, si possono identificare almeno tre sviluppi importanti. Primo, l'inflazione fu molto volatile negli anni '50 e '60, quando i sindacati maturarono in una transizione dalla forza del periodo post-bellico a un certo indebolimento nel corso degli anni '50. La crescita dell'occupazione negli anni '60 aumentò la sindacalizzazione della forza lavoro, anche tra i lavoratori non specializzati. il peso di questi ultimi, alla fine degli anni '60 crebbe rispetto a quella dei lavoratori specializzati, che erano la base tradizionale dei sindacati.

Secondo, lo shock petrolifero del 1973-4 scatenò una forte accelerazione del livello dei prezzi. Al tempo stesso, L'Italia visse una forte crescita del potere sindacale, scioperi massicci e richieste diffuse di salari monetari uguali per tutti. Nel 1975 la politica monetaria diventò restrittiva in risposta alla crescenti pressioni salariali e a una bilancia dei pagamenti in forte deterioramento. La moderazione salariale tuttavia durò soltanto un paio d'anni, il che spiega perchè l'inflazione non si ridusse in misura significativa.

Alla fine, l'inflazione scese fortemente verso la fine degli anni '80, anche in seguito alle politiche aninflazionistiche intraprese in USA e UK. La disinflazione italiana coincise con un declino del potere negoziale dei sindacati, la riduzione dei meccanismi di indicizzazione salariale e lo stabilirsi di una politica dei redditi che sancì il modello di concertazione tra datori di lavoro, governo e sindacati. Una politica monetaria ancora più antinflazionistica sotto il governatorato Fazio, principalmente il risultato di una Banca d'Italia divenuta sostanzialmente indipendente dal governo, fu in larga misura responsabile per l'ammissione del paese nell'Unione Monetaria Europea.

L'esperienza dell'Italia con l'euro finora è stata caratterizzata da una dinamica della produttività particolarmente deludente. Ciò si è riflesso in una crescita economica molto lenta, ma non ha impedito al paese di registrare tassi di inflazione mediamente superiori rispetto alla media UME.

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