15 luglio 2011

Manovra all'europea, spiegata

Il governo italiano diversi mesi fa concordò con le autorità europee un programma pluriennale di consolidamento fiscale. Il piano prevede un aggiustamento complessivo, ossia una riduzione di spesa e un aumento delle entrate, di 3 punti percentuali di PIL all'anno (45 miliardi di euro circa) per un orizzonte di anni talmente lungo da essere virtualmente indefinito. Il tutto per avvicinare il rapporto debito/PIL del Paese alla soglia del 60% entro un ventennio.

Certo, non esiste governo, anzi, classe politica al mondo in grado di prendere impegni credibili per orizzonti così lunghi, ma sicuramente i primi tre-quattro anni contano qualcosa.

Eravamo a pochi mesi da elezioni amministrative e referendum come sempre decisivi per gli equilibri politici più importanti, per cui il governo preferì glissare fino a pochi giorni fa su questo piano, anticipando solo che entro luglio 2011 sarebbe stato necessario fare al massimo un "tagliando" alla manovra finanziaria dello scorso anno, che aveva messo "in sicurezza" i conti pubblici italiani.

Invece, in 2-3 settimane siamo passati dal "va tutto a gonfie vele" a un clima da Titanic, con la blindatura di una "manovra" da quasi 80 miliardi fatta di misure estremamente discutibili su molti piani (condivido pienamente il punto di vista di Michele Boldrin). Così, siamo passati dal semplice "tagliando" al rispetto quasi notarile dei numeri prefisti nell'accordo "misterioso" con Bruxelles di cui nessuno o quasi ci aveva informato.

La ragione per la quale nessuno ci aveva informato è che per quanto pomposamente e seriosamente concepiti, sia il piano di Bruxelles che la manovra sui conti pubblici non basteranno. I conti pubblici italiani sono tutt'altro che in sicurezza, perchè l'essenza della manovra è sul lato dell'aumento delle imposte e di altre entrate, e avrà quindi effetti esclusivamente recessivi. Il che renderà ancora più problematica la riduzione di deficit e debito nei prossimi anni, e ancora più vulnerabile il nostro Paese ai sussulti di avversione al rischio dei mercati finanziari.

Domanda: che Paese siamo per meritare di essere trattato in questo modo puerile?

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