2 ottobre 2012

Too big to lend

La quantità di fondi a disposizione delle banche commerciali italiane che queste decidono di "parcheggiare" presso la Banca Centrale Europea come riserve anzichè destinare a impieghi come prestiti alle famiglie e alle imprese è a livelli vicini ai massimi storici. Superate grazie alle operazioni di rifinanziamento straordinario della BCE le tensioni sulla raccolta manifestatesi lo scorso anno, le banche avrebbero molti margini per incrementare il flusso di prestiti all'economia reale.



E' vero, anche la domanda di prestiti è in forte contrazione a causa della recessione, ma l'impressione prevalente,
supportata dalle analisi relative all'offerta e alla domanda preparate dalla Banca d'Italia, è che le banche italiane siano ancora responsabili di una significativa restrizione creditizia.

Il grafico in alto (click per ingrandire) mostra un altro fatto interessante. Il pannello di destra evidenzia come i primi cinque gruppi bancari tendano a restringere l'accesso al credito molto di più di quanto accada con intermediari di dimensioni più contenute. Anzi, nei confronti della clientela a rischio basso, la concessione di credito da parte delle banche minori non solo non è diminuita negli ultimi 4 anni, è invece cresciuta di quasi la metà.

Questa è un'ulteriore conferma che la dimensione per i primi gruppi bancari italiani è un fattore di fragilità per l'esercizio dell'attività di intermediazione creditizia.

Ulteriore ragione per chiedere lo "spacchettamento" dei colossi bancari, la creazione di vera concorrenza nel nostro sistema creditizio e una vigilanza severa e indipendente sui bilanci bancari.

E soprattutto la messa in discussione del ruolo delle fondazioni bancarie, vere artefici delle aggregazioni degli anni 2000. Si trattava di operazioni essenzialmente prive di logica di mercato, e condotte come furono in condizioni di cronica sottopatrimonializzazione, restano la vera causa del credit crunch in corso ormai da anni.

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